Cento volte cado, cento volte mi rialzo: la resilienza

Cento volte cado, cento volte mi rialzo: la resilienza

Resilienza è una parola che viene dalla fisica: un materiale è resiliente per la sua capacità di assorbire gli urti senza danneggiarsi. In psicologia indica proprio la capacità delle persone di far fronte agli eventi stressanti o traumatici e di riorganizzare positivamente la propria vita nonostante le difficoltà.

Chi riesce a fronteggiare efficacemente le avversità, chi dopo un duro colpo riesce a  dare nuovo slancio alla propria esistenza e perfino a prefiggersi e raggiungere obiettivi importanti, si dice che abbia un alto livello di resilienza. Si può dire che la resilienza sia il nostro anticorpo psicologico.

Il mondo ci spezza tutti quanti, ma solo alcuni diventano più forti laddove sono stati spezzati H. Hemingway

La vita è un continuo fluire di eventi, i momenti belli si succedono a quelli brutti e così via. Talvolta siamo fortunati e tutto funziona come deve andare, altre volte invece i problemi vengono uno dietro l’altro e non sappiamo come reagire. Ma quali sono le caratteristiche che differenziano una persona resiliente da una che non lo è? E se scopriamo di non essere stati resilienti nella nostra vita, possiamo imparare?

Falsi miti sulla resilienza:

Non aver mai paura, essere sicuri di se stessi

Bisogna sottolineare che resilienza non significa non avere debolezze, non significa nemmeno non avere mai paura o non sentirsi mai scoraggiati e abbattuti. Più che altro significa che ci diamo il permesso di stare con queste emozioni, realizzando che esse sono assolutamente normali e coerenti con alcune situazioni particolarmente difficili che ci possono capitare. Se abbiamo paura delle nostre emozioni negative, sarà la paura che comanderà il nostro comportamento e guiderà le nostre azioni. Ma la paura, come la fretta, non è una buona consigliera…

2) Non aver bisogno degli altri

In una situazione particolarmente complessa, è bene saper riconoscere i propri limiti: “L’uomo è un animale sociale”, scriveva Aristotele, e non tutti i problemi possono essere affrontati da soli. Resilienza vuol dire allora essere in grado scegliere le persone che ci fanno bene, che ci sanno essere vicine nei momenti del bisogno, saper donare e ricevere carezze emotive. Parlare, aprirsi, chiedere aiuto sono risorse fondamentali. E se qualcuno non ci fa stare bene, poco male: possiamo sempre girarci dall’altra parte e concentrare l’attenzione su qualcuno che invece si è dimostrato più affidabile.

3) Essere impermeabili allo stress e al dolore.

“Chi è resiliente non è mai stressato, non prova mai dolore!” Assolutamente no! In questo caso, anzi, siamo di fronte ad un problema serio: la persona ha perso la capacità di provare emozioni. Lasciati da parte i film hollywoodiani, dove il super macho è in grado di prodezze fisiche alquanto inverosimili, e la donna super sexy ha capelli e trucco perfetti, anche mentre cerca di sopravvivere appesa ad un grattacielo, nella vita reale, fatta di persone reali, questo è considerato una patologia dissociativa. Ossia è una incapacità a provare emozioni congrue in corrispondenza a circostanze dolorose.

Per quanto vivrai, continua a imparare a vivere. Seneca

Il dolore arriva, e se mi do la possibilità di viverlo senza averne paura, se ne andrà anche. Il dolore ti mette in contatto con una prospettiva più intima e più profonda della vita. Una persona resiliente è in grado di imparare dal suo dolore qualcosa di utile.

4) Le persone resilienti sono dei veri duri

Il mito di Clint Heastwood ha segnato generazioni di giovani uomini. Ma la resilienza non ha niente a che fare con questo modello. Chi è resiliente è in grado di cadere, soffrire, mostrarsi debole e rialzarsi.

La vulnerabilità non è una vergogna, è un’opportunità

E’ dalle nostre vulnerabilità che nasce il bisogno di crescere, di fare qualcosa, di modificare. Dal nostro limite può nascere una risorsa, e sarà da lì che noi ci muoveremo per reagire e per andare avanti. Un’eccessiva autostima, per contro, implica un irrigidimento delle nostre posizioni, e, sopravvalutando quello che siamo, non sentiremo il bisogno di cambiare niente. Ma questo è molto pericoloso, perché la vita è cambiamento e crescita e se noi ci irrigidiamo sulle nostre posizioni, finiremo per costruirci una gabbia dorata, fatta di sicurezze apparenti e nocive.

5) Essere sempre brillanti e persone di successo.

Anche questo non è che un falso mito: talvolta le persone resilienti sono persone di successo, talaltra sono semplici persone con una vita molto comune. L’appariscenza non è un sintomo di resilienza: basti pensare a quante star di successo hanno avuto pesanti depressioni anche con esiti molto drammatici. Essere resilienti significa saper assorbire gli urti della vita, trovare un senso in quello che si fa, immaginare che da ogni circostanza si possa apprendere qualcosa di utile.

Una volta, una mia paziente, con una storia di grandi violenze alle spalle, mi disse: “Io ora capisco che da tutto questo dolore ho imparato l’empatia verso l’altro”.

6) E’ una questione di carattere

La resilienza, come tutte le abilità, si può apprendere e si può coltivare. Senz’altro esistono delle condizioni predisponenti allo sviluppo della resilienza, come ad esempio un sano contesto relazionale ed affettivo nell’ambito familiare, da cui più facilmente deriva una visione positiva e costruttiva di sé stessi.

In ogni caso, noi tutti possiamo diventare resilienti, anche, ma non solo, per vivere appieno la nostra vita, nelle sue gioie e nelle sue sventure. Diventiamo resilienti quando abbiamo il coraggio di guardare e muovere incontro al nostro dolore, elaborarlo, e in base a questa elaborazione, riuscire a capire di più noi stessi e dare un nuovo slancio alla nostra vita. E se qualche volta non ci siamo riusciti, non importa: abbiamo detto che resilienza significa imparare dai propri errori, ecco allora che possiamo rimboccarci le maniche e riprovarci ancora!

Ma come e dove si impara la resilienza?

Possiamo dire anche che lo spazio della terapia è uno spazio dove ci si può permettere di guardare alla nostra vita, accompagnati da un professionista, e trarre quegli insegnamenti utili per noi, che da soli non riuscivamo ad apprendere. Talvolta, infatti, possiamo essere colti dalla tentazione di vedere tutto negativo e di pensare che le cose che ci sono capitate sono solo sciagure, che tanto niente cambierà e che siamo destinati ad essere infelici. Nel mio lavoro ho conosciuto molte persone con un pensiero negativo di questo tipo. La psicoterapia può rappresentare uno spazio particolarmente idoneo per conoscere la nostra sofferenza, elaborare il nostro dolore, e darci un nuovo slancio.

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