Si sente molto spesso parlare di trauma, ma che cosa significa esattamente?
Un trauma è un evento che accade e che implica una situazione di pericolo per l’incolumità della persona o di qualcuno dei suoi cari. Una situazione traumatica implica che la persona che la subisca non possa reagire, quindi vi è un vissuto molto angosciante di impotenza.
Eccoti una lista di eventi traumatici, ma sono solo alcuni esempi:
– Una malattia grave: la diagnosi di un tumore, ad esempio, o di una malattia infettiva;
– Un lutto di un parente o di una persona a noi cara;
– Un’aggressione fisica;
– Una rapina;
– Subire minacce di morte;
– Un incidente stradale;
– Aver assistito alla morte di qualcuno;
– Aver subito una violenza sessuale;
– Aver subito una violenza domestica;
– Il bullismo;
– Calamità naturali come un terremoto o un’alluvione;
– Abusi infantili;
– Violenza assistita (aver assistito a liti violente tra i genitori).
Come ti dicevo, questi sono solo alcuni esempi, la lista comprende qualsiasi situazione in cui tu ti possa essere trovato ed aver sentito che eri in pericolo, o che uno dei tuoi cari era in pericolo, situazione che ha generato ansia e stress.
Cosa succede in questi casi? Noi siamo prima di tutto animali: in una situazione di grave emergenza, si attiva un sistema antico di reazione, quello più istintivo; possiamo dire che di fronte ad una minaccia il nostro istinto si attiva fisiologicamente in una modalità “figh-or-fly” (W. Bradford Cannon), ossia di attacco o fuga. Il tuo cervello, in modo molto immediato e automatico, ossia indipendentemente dalla nostra volontà, valuta se sei in grado di rispondere alla minaccia con la forza, oppure se è meglio che scappi. Ma cosa succede quando non è possibile né la fuga né la lotta? In questo caso diciamo che il nostro cervello va in tilt, almeno la parte istintiva.
Noi abbiamo, secondo la teoria di Mc Lean, tre cervelli molto ben definiti, dove alloggiano tre modalità di pensiero distinte: rettiliano (istinto), mammifero (sentimenti), e neocorteccia (ragionamento). Se davanti ad un evento dannoso non puoi scappare o difenderti, significa che dovrai elaborare una strategia di reazione complessa, ed ecco che entra in gioco la parte più evoluta del tuo cervello, la neocorteccia, sede del ragionamento logico. Ma, mentre il sistema di allarme è certamente più forte della neocorteccia e si attiva immediatamente, la neocorteccia richiede più tempo. Un ragionamento complesso ha bisogno che tu valuti la situazione, le varie componenti, ti faccia delle ipotesi su come potresti reagire, ti immagini quali potrebbero essere le conseguenze, e poi devi operare una scelta tra le varie soluzioni che hai creato. Ovviamente questo richiede tempo… ed una certa calma! Il problema è che se tu sei entrato in allarme, sicuramente non avrai l’impressione di avere del tempo e certamente la mente non sarà calma. In questo caso, la tua mente non riesce a focalizzarsi su quello che sta succedendo, perchè l’emozione di paura o ansia ha preso il sopravvento. Quindi il cervello si deve difendere: attiva allora dei meccanismi automatici che ti consentono di non soccombere alla paura eccessiva, come ad esempio il perdere coscienza, oppure il dimenticare gli eventi spiacevoli, oppure ancora ti fa ricordare l’evento, ma nasconde in un posto remoto l’emozione negativa ad esso associata.
Facciamo un esempio: nel caso di un incidente stradale capita spesso che le persone dicano di non ricordare che cosa è accaduto durante lo scontro. Spesso si ricordano cosa è avvenuto prima, cosa è avvenuto nei giorni successivi, ma non ricordano lo scontro. Questo è un meccanismo di difesa chiamato rimozione: il cervello ha semplicemente rimosso il ricordo spiacevole, lo ha accantonato, così che non possa più provocare danni. Tutto risolto, dirai tu. Purtroppo non è così facile: un ricordo rimosso è solo un ricordo doloroso nascosto. È nascosto, ma continua a fare male, anche dopo molti anni. Può essere allora che la persona, alcuni anni dopo, all’improvviso sviluppi la paura di prendere l’ascensore. Questa paura, inizialmente molto leggera, diventa, col passare del tempo, sempre più intensa, fino a che la persona non prende più l’ascensore, ma poi peggiora ancora, perché anche la metropolitana diventa un problema, e tutti i luoghi chiusi cominciano a fare paura. Questo caso di claustrofobia è in realtà molto comune. Così come è molto comune non riuscire a individuare la causa del problema. Poiché è frequente, per quanto sembri impossibile, che la persona ad un certo punto abbia persino dimenticato di aver avuto quell’incidente, o ha dimenticato quanto fosse stato grave per lei, ricorda l’accaduto, ma lo minimizza come una cosa da poco. Così funziona il nostro cervello rettiliano.
Ma allora non c’è niente da fare? Non è così: innanzitutto non tutti gli eventi dannosi provocano una patologia. Noi abbiamo una innata capacità di affrontare anche i fatti più avversi della vita, e tale capacità prende il nome di resilienza. Secondo: anche qualora uno o più ricordi traumatici ti provochino disturbo è possibile ricorrere alla psicoterapia, attualmente uno dei metodi più riconosciuti è proprio EMDR.