La psicologa risponde

Ecco alcune delle più frequenti domande che vengono poste ad uno psicologo/psicoterapeuta
Cos’è una psicoterapia?

Possiamo dire che una psicoterapia è un percorso di crescita personale, e rappresenta un momento che la persona dedica a sé stessa, per cercare delle risposte a quelle domande che turbano la serenità. A volte le persone vengono in terapia per risolvere forti conflitti interiori, soprattutto se stanno attraversando situazioni stressanti, come ad esempio: una relazione sentimentale instabile, un lutto in famiglia, una malattia, un periodo di forte nervosismo, la notizia di una malattia. In terapia potrai lavorare insieme al terapeuta sia su un momento presente che genera difficoltà, sia su episodi o periodi passati i cui ricordi continuano a disturbare. E’ importante che tu sappia che chi va dallo psicologo NON è un malato mentale, NON è un debole: è solo una persona che sta attraversando un momento difficile nella vita, come può capitare a chiunque, perché la vita è un luogo meraviglioso dove abitare, ma, talvolta, anche tanto difficile.

Chi va dallo psicologo?

Le persone che cercano un consulto hanno caratteristiche e vissuti tra i più eterogenei: uomini, donne, genitori per i propri figli, coppie, aziende, enti pubblici o privati, scuole. Quello che è importante è sfatare il mito che chi va dallo psicologo è “il pazzo” della famiglia, della scuola, del quartiere. Intraprendere un percorso di psicoterapia richiede innanzitutto il riconoscimento di un disagio e la consapevolezza di un bisogno, ossia la consapevolezza che c’è qualcosa che richiede attenzione, cura, tempo ed impegno. Solitamente, sono persone che stanno attraversando una fase della vita particolarmente stressante, che influisce in maniera negativa sull’umore e sulle relazioni con gli altri. Andare in terapia richiede una grande consapevolezza di sé stessi, una buona capacità di valutare i propri limiti e le risorse, la capacità di attivarsi per risolvere un problema. Al contrario di quello che si pensa, chi chiede un consulto psicologico è una persona con delle buone risorse, quindi sana.

Purtroppo è ancora molto forte la paura di essere etichettati come “malati”, e, a causa di questo pregiudizio, molte persone, per la paura di esporsi, non chiedono un consulto. Il disagio emotivo è un po’ come il raffreddore, una cosa da niente, ma se lo trascuri rischi che si trasformi in polmonite. Mi raccomando, non fare come loro!

La depressione e l’ansia si curano solo con i farmaci?

Assolutamente no!

Il farmaco può servire in caso di bisogno, quando i livelli di alcuni neurotrasmettitori, responsabili del tono dell’umore (serotonina e dopamina in primis), calano così tanto da intaccare vita quotidiana, ma nessun farmaco è risolutivo. La terapia farmacologica non è sufficiente, sia perché il corpo si può abituare alle medicine, quindi uno stesso dosaggio può alla lunga non avere affetto. Questo soprattutto nel caso in cui si assuma il farmaco al bisogno, quindi senza un adeguato controllo medico: ti sarà capitato di sentire di parenti o amici, che, al bisogno, hanno assunto delle “goccine” per calmarsi o per dormire.

Farmaci molto diffusi, che puoi acquistare in farmacia o che può prescrivere anche il medico di base, finiscono spesso per essere usati con molta leggerezza, causando un peggioramento della sintomatologia ansiosa, oltre che problemi fisici dovuti alle controindicazioni .

Dobbiamo inoltre ricordarci che il farmaco cura il sintomo, e non la causa del disturbo.  che solitamente risiede in una serie di pensieri negativi che portano a sentimenti negativi, creando un circolo vizioso che si autoalimenta. La psicoterapia serve proprio a rompere questo circolo vizioso.

A cosa serve la psicoterapia? Io mi psicoanalizzo da solo...

Assolutamente vero!!

Ognuno di noi ha delle capacità innate di auto-osservazione e di auto-guarigione, ed è perciò che godiamo di uno stato di benessere psicologico! Ma ci sono alcuni momenti della vita in cui questo non basta, in cui ti accorgi che non riesci a trovare le risposte giuste e questo non ti rende sereno. Sei più nervoso, irascibile, o più triste e svogliato. Oppure perdi l’interesse per le cose che un tempo ti piacevano tanto. Può essere che ti sia capitato di avere dolori in tutto il corpo, hai fatto diverse visite ed i medici continuano a dirti che è lo stress. In questi casi, anche se sicuramente tu hai risorse notevoli che ti hanno consentito di affrontare molte sfide nel corso della vita, può essere utile consultare un professionista. Perché in due si fa meno fatica e si fa prima, e poi è anche più piacevole.

Parlare dei miei problemi mi farà stare più male?

Aprirsi fa uscire il dolore, è vero, ma è altrettanto vero che le parole non dette rimangono ad appesantire il cuore, costituendo un vero macigno per la tua anima.

Un dolore non affrontato è come un rifiuto tossico. Non lo vedi, è sepolto, ma continua ad inquinare il terreno e a far morire tutto quello che pianti.

 

L’unico modo per superare un dolore o un disagio è quello di affrontarlo, e l’aiuto di un professionista può rivelarsi fondamentale.

Infatti, parlare dei propri problemi con un professionista aiuta a liberare la mente dai pensieri ripetitivi, quelli che gridano nella testa di giorno e di notte e che non lasciano riposare la mente. Una mente piena di brutti pensieri non è lucida, non riesce a vedere le strade alternative, si irrigidisce e si crede senza via d’uscita. Questa sensazione, che le cose siano immutabili e che non si possa cambiare rotta, è quello che ti farà stare ancora più male.

Quando so che è arrivato il momento di chiedere un consulto ad un professionista?

Basta osservarsi con attenzione e con onestà. Se non ti senti sereno come prima, se ci sono pensieri che non ti lasciano dormire, se ti arrabbi sempre, anche quando non ce n’è motivo, se hai perso l’appetito, o al contrario non riesci a smettere di mangiare; se sei preda di momenti in cui ti senti molto agitato, il respiro è corto, il cuore palpita e hai paura che possa succedere qualcosa di grave. Se noti, o gli altri ti fanno notare che è un momento della tua vita in cui stanno succedendo troppe cose e non riesci più a gestirle, vai in confusione, ti senti sopraffatto. Questi possono essere alcuni casi in cui è bene affidarsi ad un professionista.

O ancora nel caso in cui la coppia stia attraversando un periodo difficile, o magari è tuo figlio o tua figlia ad attraversarlo. In questi casi non esitare a chiedere una consulenza, ne va del tuo benessere e di coloro che ti stanno attorno.

La psicoterapia dura molti anni?

Dipende dal tipo di percorso che una persona vuole fare. Ci sono percorsi brevi, centrati su un problema specifico, ad esempio l’elaborazione di un lutto. Tuttavia il percorso di terapia deve tenere in considerazione che i ritmi del cambiamento sono lenti. È un po’ come se nella nostra persona ci fossero due motori: uno è nella mente ed è veloce come quello di una Ferrari, l’altro è nel cuore, ed è più lento, come quello di una Cinquecento. Questo significa che, anche se la testa ha ben chiaro quale sia la causa di un problema, prima che tu sia disposto ad attivarti, hai bisogno di aspettare i tempi del cuore, che è più delicato e timoroso, e quindi necessita di maggiore pazienza.

Ecco perché una terapia di successo aspetterà che la mente e il cuore si siano allineati.

Cos’è il disturbo post traumatico da stress?

Si sente molto spesso parlare di trauma e disturbo post traumatico da stress, ma che cosa significa esattamente?

Un trauma è un evento che accade e che implica una situazione di pericolo per l’incolumità della persona o di qualcuno dei suoi cari. Una situazione traumatica implica che la persona che la subisce non possa reagire, quindi vi è un vissuto molto angosciante di impotenza.

Eccoti una lista di eventi traumatici, ma sono solo alcuni esempi:

  • Una malattia grave: la diagnosi di un tumore, ad esempio, o di una malattia infettiva;
  • Un lutto di un parente o di una persona a noi cara;
  • Un’aggressione fisica;
  • Una rapina che abbiamo subito o a cui abbiamo assistito;
  • Subire minacce di morte;
  • Un incidente stradale;
  • Aver assistito alla morte di qualcuno;
  • Aver subito una violenza sessuale;
  • Essere stati vittima di violenza domestica;
  • Il bullismo;
  • Calamità naturali come un terremoto o un’alluvione;
  • Abusi infantili;
  • Violenza assistita (aver assistito a liti violente tra i genitori)
  • Tracolli economici (fallimenti di attività lavorative, licenziamenti)

Come ti dicevo, questi sono solo alcuni esempi, la lista comprende qualsiasi situazione in cui tu ti possa essere trovato ed aver sentito che eri in pericolo, o che uno dei tuoi cari era in pericolo, situazioni che hanno generato forte ansia e stress.

Cosa succede in questi casi? Noi siamo prima di tutto animali: in una situazione di grave emergenza, si attiva un sistema antico di reazione, quello più istintivo: possiamo dire che, di fronte ad una minaccia, il nostro istinto si attiva fisiologicamente in una modalità “figh-or-fly” (W. Bradford Cannon), ossia di attacco o fuga. Il tuo cervello, in modo molto immediato e automatico, ossia indipendentemente dalla tua volontà, valuta se sei in grado di rispondere alla minaccia con la forza, oppure se è meglio che scappi. Ma cosa succede quando non è possibile né la fuga né la lotta? In questo caso diciamo che il nostro cervello va in tilt, almeno la parte istintiva di esso.

Noi abbiamo, secondo la teoria di Mc Lean, tre cervelli molto ben definiti, dove alloggiano tre modalità di pensiero distinte: rettiliano (istinto), mammifero (sentimenti), e neocorteccia (ragionamento). Se, davanti ad un evento dannoso, non puoi scappare o difenderti, significa che dovrai elaborare una strategia di reazione complessa, ed ecco che entra in gioco la parte più evoluta del tuo cervello, la neocorteccia, sede del ragionamento logico. Ma, mentre il sistema di allarme è certamente più forte della neocorteccia e si attiva immediatamente, la neocorteccia richiede più tempo. Un ragionamento complesso ha bisogno che tu valuti la situazione, le varie componenti, ti faccia delle ipotesi su come potresti reagire, ti immagini quali potrebbero essere le conseguenze, e poi dovrai operare una scelta tra le varie soluzioni che hai elaborato. Ovviamente questo richiede tempo… ed una certa calma! Il problema è che se tu sei entrato in allarme, sicuramente non avrai l’impressione di avere del tempo e certamente la mente non sarà calma. In questo caso, la tua mente non riesce a focalizzarsi su quello che sta succedendo, perché l’emozione di paura o ansia ha preso il sopravvento. Quindi, il cervello si deve difendere: attiva allora dei meccanismi automatici che ti consentono di non soccombere alla paura eccessiva, come ad esempio il perdere coscienza, oppure il dimenticare gli eventi spiacevoli, oppure ancora ti fa ricordare l’evento, ma nasconde in un posto remoto l’emozione negativa che lo accompagna..

Facciamo un esempio: il sig. Gianni ha subìto un incidente stradale ma non ricorda che cosa è accaduto durante lo scontro. Può raccontare cosa è avvenuto prima, mentre guidava, cosa è avvenuto nei giorni successivi, ma non ricorda affatto il momento dell’impatto. Il sig. Gianni ha attivato un meccanismo di difesa chiamato rimozione: il cervello ha semplicemente rimosso il ricordo spiacevole, lo ha accantonato, così che non possa più provocare danni. Tutto risolto, sembrerebbe. Purtroppo non è così facile: un ricordo rimosso è solo un ricordo doloroso nascosto. È nascosto, ma continua a fare male, anche dopo molti anni. Nel nostro esempio, alcuni anni dopo, all’improvviso il sig. Gianni sviluppa la paura di prendere l’ascensore. Questa paura, inizialmente molto leggera, diventa, col passare del tempo, sempre più intensa, fino a che il sig. Gianni non prende più l’ascensore, ma poi peggiora ancora, perché anche la metropolitana diventa un problema, e tutti i luoghi chiusi cominciano a fare paura.  E cosa c’entra la claustrofobia dell’ascensore con l’incidente? C’entra eccome, perché con molta probabilità, il nostro sig. Gianni, andando in terapia, si potrà ricordare che subito dopo il suo incidente è rimasto chiuso in macchina per alcuni minuti senza poter uscire, lo aveva del tutto rimosso, ma ecco che all’improvviso gli è chiaro: rivive quei minuti di terribile paura ogni volta che prende una ascensore o entra in metropolitana.

 

Ma allora che cosa si può fare? Grazie all’aiuto di alcune tecniche terapeutiche adatte, come il metodo EMDR, che consente l’elaborazione dei ricordi traumatici, in modo che finalmente vengano riposizionati nel passato, tali eventi non produrranno più disturbi nel presente.

Hai qualche altra curiosità da soddisfare?

Scrivimi pure qui sotto, sarò felice di risponderti.

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